Featured cherub of the week is cherub Giulia Collatuzzo. Giulia is a CDH survivor who lives internationally in Italy and is also a CDH International Ambassador. She has been so kind to share her story in an Italian version as well. Here is what Giulia had to share with us:
“Hi, my name is Giulia Collatuzzo and I am acting as the spokesperson for a malformative condition called congenital diaphragmatic hernia.
You’d never guess I was born with this pathology that put my life at risk at birth.
My parents came to know about my condition through prenatal diagnosis, with an ultrasound done at 20-21 weeks: Bochdalek hernia. The dramatic news was aggravated by the first prospect, that has set for me 20% chances of survival and because of this has suggested abortion. My parents are both doctors and on the one hand they could well understand the reality of the situation and the scale of the problem, on the other they were shocked to imagine their daughter with a malformation that risked compromising her survival.
My father first found out about new fetal surgery executed only in some centres in the USA, then he was referred to Bologna, Italian reference centre for neonatal surgery. Here the prognosis was distinctly different, with the 50% chances to survive at birth and 70% to survive after surgery. A group of highly trained gynecologists, pediatric surgeons, anesthesiologists and crash team was set in motion. The great attention of the care provided to my parents definitely helped them during the rest of the pregnancy.
I was born on July 11, 1991, at Sant’Orsola hospital of Bologna and July 12 I was operated by Professor Remigio Domini. The operation took 5 hours. Fundamental and very delicate was the intensive care, conducted by a team guided by doctor Gentili, that allowed the perfect reinflation of the left lung. Although at first vital signs were optimal, in some days I seemed to be suffering and the 8 th day there has been a complication that was a new threat to my life: a volvulus due to mesenterium commune, often associated with CDH. The operation was a success once again.
Since that time, albeit full of particular attentions from my doctors, my life has been the one of any person! I grew up in Treviso, passionate about drawing and animals, with my loving, caring family, parents, grandpas and my brother Marco, my friends, my first school achievements, every kind of sport, the first notes to the piano then outclassed by the drums, my studies increasingly intense until I came back to Bologna, where I graduated in medicine in the same hospital where I was born.
I have never suffered from asthma, reflux, scoliosis and I’m not inclined to respiratory infections. I had a slow growth, but today I enjoy an height of 162 cm ( 5 feet, 3,7 inches, longer than expected! ).
The only bad thing I had to face on my body was another volvulus when I was 18 yo, linked to adhesions due to previous operations.
It is therefore reductive and too easy to record the stages of this story: there is a lack of emotions, mine and the ones of who is close to me, and of the physical sensations I experienced and I consciously remember only limited to the last operation.
I think prenatal diagnosis and neonatal surgery are a traumatic experience and, actually, it leaves scars, sometimes gaps, yet it could get big surprises and put you in contact with others in a very sensitive way. It changes the way you think.
I am happy to show that vital energy is an immense resource, difficult to measure and to predict, and in the end that one can heal nicely from CDH. For sure I was lucky and I feel extremely grateful for receiving cures that made the difference when it needed and ensured me the chance to play the game of life.
Photo Note: The drawing is by Professor Domini, it is admirable such a descriptive accuracy of the anatomy before and after surgery.
Ciao, mi chiamo Giulia Collatuzzo e mi faccio portavoce di una malattia malformativa, l’ernia diaframmatica congenita.
Non lo si direbbe, ma sono nata con questa patologia che alla nascita ha messo a rischio la mia vita.
I miei genitori hanno scoperto della mia patologia tramite la diagnosi prenatale, da un’ecografia eseguita a 20-21 settimane: ernia postero-laterale di Bochdalek.
Ovviamente la notizia è stata drammatica, aggravata dalla prospettiva offerta all’inizio, che decretava per me una possibilità di sopravvivenza del 20% e da ciò suggeriva un’interruzione di gravidanza. I miei genitori sono entrambi medici, e da un lato si potevano ben rendere conto della realtà dei fatti e dell’entità del problema, dall’altro rimanevano shockati dal dover immaginare la propria bambina con una malformazione che ne comprometteva la sopravvivenza. L’obiettivo speranzoso fu di trovare medici in grado di curarmi una volta nata. Mio padre dapprima seppe di nuove tecniche chirurgiche intrautero eseguite solo in alcuni centri negli USA, poi venne indirizzato a Bologna, che era un centro di riferimento per la chirurgia toracica neonatale. Qui la prognosi offerta fu nettamente diversa, con il 50% di possibilità di sopravvivenza alla nascita, e il 70% di possibilità di sopravvivenza dopo l’operazione. Si mise in moto un team di ginecologi, chirurghi pediatrici, anestesisti e rianimatori altamente preparati. L’attenzione con cui furono assistiti i miei genitori favorì certamente il modo in cui vissero il resto della gravidanza.
Sono nata l’11 luglio 1991, con parto cesareo programmato, all’ospedale Sant’Orsola di Bologna e il 12 luglio sono stata operata dal professor Remigio Domini, fondatore della chirurgia pediatrica bolognese. L’operazione è durata 5 ore, durante le quali son stati riposizionati gli organi in sede addominale ed è stata chiusa la breccia nel diaframma. Fondamentale e delicatissimo è stato l’intervento di anestesisti e rianimatori, tra cui il dottor Gentili, che ha permesso la perfetta riespansione del polmone sinistro. Per quanto dapprima i parametri fossero ottimali e non necessitassi di ventilazione meccanica, qualche giorno dopo apparivo sofferente e a 8 giorni è insorta una complicanza che ha riportato in campo la minaccia appena superata: un volvolo intestinale dovuto a mesenterium commune, spesso associato all’ernia diaframmatica congenita. Anche in questo caso l’operazione ebbe successo.
Da quel momento, per quanto piena di attenzioni particolari dai miei dottori, la mia vita è stata quella di qualsiasi persona! Sono cresciuta a Treviso, appassionata al disegno e agli animali, piena dell’affetto di genitori, nonni e parenti, con mio fratello Marco, gli amici, i primi successi scolastici, ogni tipo di sport fino alla danza che ho poi scelto, le prime note al pianoforte poi surclassato dalla batteria, gli studi via via più intensi fino a tornare a Bologna, al Sant’Orsola, dove mi sono laureata in medicina.
Non ho sofferto d’asma, reflusso, scoliosi né sono incline alle infezioni respiratorie.
Ho avuto una crescita lenta, ma oggi vanto un’altezza di 1.62 cm ( più del previsto! ).
L’unico evento negativo che ho rivissuto sul mio corpo è stato un altro volvolo intestinale, a 18 anni, correlato alla formazione di aderenze per le operazioni precedenti.
Descrivere e annotare le tappe di questa storia mi sembra semplice quanto riduttivo: mancano pezzi legati alle emozioni, mie e di chi mi è vicino, e alle sensazioni fisiche che ho esperito, e di cui ho ricordo cosciente solo limitatamente all’ultima operazione.
Ora che sono adulta mi domando quale sia l’impatto che le operazioni hanno avuto su di me e sulle mie paure, e a volte mi chiedo se ricapiteranno episodi acuti che mi riporteranno in ospedale da paziente invece che da medico!
Credo che la diagnosi prenatale e la chirurgia neonatale siano un’esperienza traumatica e che, di fatto, lascia delle cicatrici, talvolta dei vuoti, eppure possa a distanza di tempo riservare enormi sorprese e metterci in contatto con gli altri in modo particolarmente sensibile. Cambia inevitabilmente il modo di pensare alle cose.
Sono felice di essere una prova del fatto che l’energia vitale sia una risorsa immensa, difficile da misurare e da prevedere, e in definitiva che dall’ernia diaframmatica congenita si può guarire bene. Sono senz’altro stata fortunata e mi sento estremamente grata per aver ricevuto delle cure che han fatto la differenza nel momento in cui ce n’è stato bisogno e mi han garantito la possibilità di giocare in questo campo da gioco che è la vita.